Fair (Isle = isola) è una piccola isola delle Shetland, a nord della Scozia con pochissimi abitanti (una sessantina circa), da il nome ad una delle più popolari e belle lavorazioni della maglia, nate appunto sull’isola.

Nell’Ottocento le donne cominciarono a lavorare la lana delle pecore dell’isola, lana shetland appunto, molto leggera e molto calda, per creare maglioni che tenessero al caldo gli abitanti, perlopiù pastori e marinai.

I maglioni venivano lavorati in tondo con i ferri a doppia punta (oggi sostituiti dai ferri circolari) probabilmente utilizzando una cintura forata (knitting belt), in modo da poter sostenere il peso del lavoro ed interrompere il progetto, ma avendolo sempre a portata di mano.
Una volta terminato il maglione, veniva lasciato steso all’aria aperta, in modo che vento e pioggia lo infeltrissero un pochino per renderlo ancora più caldo e resistente.

Motivi geometrici come cerchi, rombi, croci ed altre figure vengono creati all’interno di fasce orizzontali, utilizzando non più di 2/3 colori per giro/ferro; i cambi colore avvengono ogni 4-5 maglie, in modo che i fili passati nel rovescio del lavoro non diventino troppo lunghi. Queste fasce si alternano per tutto il maglione, comprese le maniche, creando dei motivi colorati e vivaci. Il totale dei colori utilizzati, non è mai superiore a 5.

Il maglione viene lavorato bottom up, dal basso verso l’alto, con i ferri circolari, come un unico tubo, mentre scalfi e scollo vengono tagliati (steeks) dopo essere stati rinforzati a mano o con la macchina da cucire.

Nel tempo i maglioni furono usati anche come merce di scambio e la fantasia  diventò famosa intorno agli anni ’20, quando re Edoardo VIII, allora principe del Galles, indossò un maglione sportivo con quel motivo.

La tecnica Fair isle richiede di saper lavorare a diritto (con i ferri circolari la maglia rasata si ottiene lavorando solo a diritto), e di saper lavorare con due colori alla volta, alternandoli.